Zodiaco di Maria, ovvero le dodici provincie del Regno di Napoli, come tanti segni, illustrate da questo Sole, etc

Da Besidiae.
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Ferdinando Ughelli - Italia Sacra - 1717


Del Segno di Leone:

Santa MARIA della Motta nella Città di Bisignano

Si vede piantata la Città di Bisignano sul dorso di sette colli, che con eguale distanza divisi dal monte di mezo si diramano, e formano la figura d'una Stella, e su la punta di ciascheduno di questi Colli si vede un Convento di Religiosi Mendicanti , quasi fossero fortissimi Bastioni in, sua difesa, essendo la Città senza mura. E' fama, che fosse edificata da Ascanel pronipote di Noe, figlio di Gomer, il quale doppo la fondazione di Regio Giulio mandò un suo Capitano per nome Bescio, e questo osservando l'amenità di detti Colli cominciò à fabbricarvi , quando sopravvenendo Ascanel , con suo sommo gusto fè dar perfezzione à tal fabbrica, chiamandola Bescia. Stefano non però, ed altri antichissimi Autori dicono, che sia stata una delle Città Greche,e fondata dagli Ausoni; così vuole anche il Barrio storico Francescano. Ma Beroso Caldeo, e la Cronistoria del Tomei tengono la prima oppinione, e dicono sia stata edificata l'anno del Mondo 1900.

A tempo della Repubblica Romana fù detta Bassidie, poi Beretra, e indi Bisignano. Tito Livio ( 10. ) la numera frà la Città Brezie di prima Classe, che si serono amiche di Annibale , ed altrove ( 7 ) vuole, che tutte le suddette Città mandassero al Console Gneo Servilio Scipione due fratelli nobilissimi, uno detto Libio,e l'altro Pattio, ripassando così all'antica fedeltà verso i Romani colli medesimi patti, co'quali furono rappacificati i Lucani,come comprovano da sopraddetti Autori, e da Pomponio Mela Dionifio Afro , ed il Barrio. E' questa Città posta nell'umbilico di questa Provincia,ha il Mar Tirreno da Ponente , ed il Jonio all'Austro. Il suo antichissimo Castello sta situato nel monte di mezo ben munito di merli, meze lune, e baloardi, li quali lo rendono, come anche il sito , molto forte, e forse inespugnabile, e ben ne ferono sperienza, oltre gli antichi Romani,e Cartaginesi, ne' secoli più moderni gli Angioini , ed Aragonesi. Si chiama la Motta, da cui prende il nome, ò glielo dà una Chiesa molto vecchia col titolo di Archimandrita della Religione Basiliana, e ne gode i privilegj, ove si adora la miracolosissima Immagine di MARIA, di cui qui si narra l’origine.

E' questa Immagine antichissima dipinta l'anno del Signore 1431 - come si cava da alcune scritture, alla destra della quale è dipinto S.Gioacchino, ed alla sinistra S.Anna, che stamno in piedi. La Chiesa dove essa si conserva si mantiene di limosine offerte da fedeli, e ne hanno la cura due Romiti; sono tante dette limosine, che non le manca cosa, che sia necessaria al divin culto , essendo ricchissima di suppellettili. Stà, come si è detto, nel monte più alto della Città, come fortissima Torre contra ogni pericolo, che sovrastasse à quelì Popolo', invero assai divoto nel servirla, e nell'accrescerne il culto, e l'ossequio. Che sia miracolosissima non può negarsi, facendone testimonianza i voti appesi, ed i registri copiosi, che ivi si conservano. Quì non però, per sfuggire la prolissità, se ne addurranno solamente undici de' più classici, e più moderni, da' quali potrassi da chi legge far conseguenza degli altri.

Primieramente Giangiacomo della Gioppa trovavasi già abbandonato da Medici, e nello estremo pericolo della vita, in modocch'erano già preparate le candele per portarlo alla sepoltura; ma appena la Moglie, i suoi domestici, e lui medesimo votaronsi à quella Sagratissima Effigie, fu gli subito restituita la salute, ed egli grato à tanto beneficio , donò alla Chiesa tutte le candele, che servir doveano per lo suo mortorio. Don Domenico Bagni Decano, aggravato da infermità mortale, ridussesi all'agonia, ma facendo voto alla stessa Vergine le sue Sorelle, subito migliorò, indi à poco guarito affatto, presentò un velo di seta per appenderlo avanti la Santa Immagine secondo la promessa di quelle. Don Giovanni Boscarelli, avendo penato per lo spazio di quindici giorni per un sierissimo dolore di testa , nè giovandovi rimedio alcuno in maniera, che non potendo dormire un momento nè notte, nè giorno, dubbitavasi, che dovesse ben presto terminare la sua vita; fatto quindi il voto alla Vergine della Motta, immediatamente restò libero da quello spasimo nè mai più ne ha patito fino ad oggi, essendo ancor vivo, ed egli per gratitudine, in memoria del tutto se dipingere il fatto in una tabella, che vedesi appesa avanti la Vergine.

Avea già partorito la Moglie di Antonio de Luziis, ma non potendo assecondare, e sopragiuntale la febbre ardentissima, secondo il parere de'Medici dovea ben presto morire; ma ella vedendosi abbandonata da ogni umano ajuto , pose le sue speranze solamente in MARIA della Motta, e di tutto cuore à lei raccomandandosi , rivolta alla Madre, così disse: Prendete ò Madre mia quel mio vezzo, e portatelo à Santa Maria della Motta, e pregatela, che mi liberi da questi tormenti. Adempì tutto l'addolorata Genitrice, ed al suo ritorno trovò la figlia fuor di pericolo; Stavano Gioseppe, e Diego Cistella fratelli sù l'Aja battendo il grano, ove era raccolta tutta la loro messe, quando accesosi il fuoco colà vicino, e soffiando gagliardo il vento, già accostavasi alli manipoli di quei poveri massari con pericolo di perder tutto in uno istante, e grano, e fatiche; rivolti dunque à quella parte dove era la Chiesa dedicata alla Vergine, prostrati à terra la supplicarono del suo potente ajuto. Cosa ammirabile! appena fu ella invocata, subito mutossi il vento, e soffiando contro del foco allontanollo dall'Aja, non apportando danno nè pure ad una paglia; onde grati alla loro Benefattrice le donarono parte di quel frumento.

Molto grazioso è il prodigio, che segue. Andava questuando in beneficio di detta Chiesa Fra Salvatore Romito ivi dimorante, e trovandosi nel Territorio di Atri , Terra di quel ristretto , in tempo d'inverno svegliatasi una tempesta sierissima, egli ricoverossi sotto un grand'Albero di Noce per campare quanto fosse possibile dalla furiosa pioggia; ma perche trovavasi vicino al fiume Calamo , questo accresciuto dall'Acque piovane uscì fuora del suo letto, e trasportando colla corrente quanto incontrava, portossi ancora il povero Fraticello insieme col suo somaro. A tal grave pericolo invocò egli la Vergine, alla quale attualmente serviva, e quando dovea restare ivi sommerso, egli con stupendo miracolo trovossi fuori dell' acque, e senza alcuna lesione . Solamente gli dispiacque avere in quell'accidente perduta una Immaginetta della Vergine, che egli portava per allettare forse i popoli à maggior divozione verso di quella; contuttociò non diffidò di trovarla, sperando, che la Sovrana Signora non averebbe permesso di quella la perdita, come in fatti avvenne, perche doppo un mese fu trovata sopra una pietra alla ripa dello stesso fiume , e da se sola reggevasi in piedi fuori dell'acque, onde conosciuta per cosa sua, gli fu subito restituita.

Più grazioso è il caso, che siegue, nel quale sperimentossi quanto vaglia la limosina à moltiplicare al limosiniero la robba, conforme promise il Redentore: Unum datis, e centuplam accipictis. Nell'anno 1708. lo stesso Romito oggi vivente, mentre andava per la cerca del Grano, domandò ad un semplice Villano, e molto dabbene, un poco di frumento in nome della Vergine, e di quello appunto, che teneva sù l'Aja. Non posso, quello rispose, perche il Padrone l'ha misurato . Sappi fratello (ripigliò il Romito) che la Beatissima Vergine, alla quale darai poca quantità di grano, non lo farà mancare dalla sua misura. Ciò udito dal buon'uomo, se la cosa (disse) và così, pigliati la limosina, e ciò dicendo, gli consignò un quarto di tomolo del detto frumento. Ripassando quindi a poco per quella parte il detto Romito, fù egli chiamato dal Villano con grande allegrezza, e ricevendo da quello maggior quatità di grano udì dirsi, che doppo avergli data la prima limosina, avea di nuovo misurato il grano, e dove prima giugneva alla misura di nove tomola, l'avea trovato accresciuto fino à dodici.

Un caso simile avvenne al medesimo Romito cinque anni prima che avesse vestito l'abito, cioè nel 1703. Avendo egli preso in affitto (essendo secolare) un Campitello , domando ad un certo Sacerdote quattro tomola di fave per seminarvele, con promessa di dargli la metà del frutto, Venuta la stagione da raccoglierle, nè vedendovi molto frutto; gli rincresceva batterle, tenendo perdute le sue fatiche per si poca cosa . In quel punto ecco sen viene per la cerca Fra Marco, già prima di lui Romito della medesima Chiesa, e chiedendogli poca quantità di quelle fave, osservò, che il pover'uomo stava assai dolente in vedere il poco frutto di quelle; onde per consolarlo cosi gli disse: Confida alla Vergine Santissima della Motta, che ella ti provvederà. A queste parole fatto animo il dolente Villano, pigliò buona parte di quelle fave non ancora ben spurgate, ò ventilate, e donolle al Romito. Indi à poco volendo egli misurare il restante di dette fave, le trovò aumentate fino à undici tomola e mezo; cosa, che pareva impossibile, e che appena potevano giugnere alla metà. Cosi sà fare la Madre di quel Dio, che seppe in questo mondo con pochi pani saziare più migliaia di persone.

Miserabile è la vita dell'uomo, e se non hà qualche special Protettore, frà tanti pericoli, alli quali fa soggetto nel mondo, facilmente si perde. Dormiva una notte (sono già molti anni) Fra Lonardo col suo compagno Fra Marco suddetto, ambedue Romiti della Chiesa di MARIA,ciascheduno non però nella sua cella separata dall'altra, quando da una orribilissima tempesta scossò il Campanile, cadde sopra la cella del primo; ma perche al gran rumore e fracasso egli era già svegliato chiamò a tal pericolo la Vergine Santissima, la quale subito mostrossegli visibile, dicendogli: Fra Lonardo non temere; e questo bastò per farlo restare illeso, benche tutto sotterrato dalle pietre. Fra Marco tuo compagno, credendolo morto sotto quelle rovine, con tutte le sue forze affaticossi per scavarne almeno il cadavero; Ma (cosa stupenda!) trovollo vivo, e senza alcuna ferita, nè maravigliossene, quando intese chi era venuta a salvarlo.

Un tal Chierico rifugiatosi nella Chiesa della Vergine per una nimicizia contratta, mentre una notte dormiva nella camera di detto Fra Marco, udì un non so che di rumore alla porta del Romitorio; alzossi egli per osservare, che cosa fosse, e fattosi avanti la finestra gli fù da nimici scaricata un'archibuciata con più palle, ma egli in vederne la vampa chiamò MARIA della Motta, che non fù tarda à dargli il suo potente ajuto , perche le palle restarono senza forza sù la finestra, ed egli senza male alcuno.

Ma se fù così liberale delle sir grazie la Vergine colli particolari, altrettanto cortese si fè conoscere con tutta la Città di Bisignano. Trovavansi quei Cittadini in grandissima necessità delle pioggie, temendo per la lunga siccità inevitabile la carestia, ed avendone esposte le suppliche molte volte al Signore, non furono in conto alcuno esauditi. Finalmente ricorsero alla sovrana Dispensiera delle divine grazie, obbligandoli ciaschedun Cittadino donare alla Chiesa della Vergine una certa quantità di frumento con pubblica Scrittura. Gran bontà di MARIA! appena fattoi il voto, e dato principio alla suddetta Scrittura, essendo il cielo serenissimo e senza nuvola alcuna, in un tratto oscurossi; scaricando in breve una copiosa, ed opportuna pioggia, e così verificossi quello, che avea detto Bernardo Santo, che Iddio totum nos babere voluit per Mariam.

Di questi accennati miracoli, essendo recenti, ne sono testimoni quasi tutti i viventi Cittadini di Bisignano, e se volessimo raccontare tutti gli antichi, e moderni, sarebbe un non finirla giammai. Basterà dunque sapere, che sono innumerabili i guariti da pericolosissime, e mortali infermità, ed altrettanti sono i liberati da gravi pericoli. Ella liberò la Città di Bisignano dalla peste, da Bruchi, e dal tremuoto, essendosi sempre trovata, non offesa da quei divini flagelli, mediante l’assistenza della loro eccelsa Protettrice; perlocchè la Chiesa vedesi arricchita di preziosissimi donativi, e molti portati dalle convicine Terre, li Popoli delle quali concorrono à riverirla, specialmente il Sabbato, quando si cantano avanti di essa le Litanie, e nel giorno dell'Assunta, quando si celebra solennissima la sua Festa, con concorso infinito di Popoli , li quali possono dire collo stesso S.Bernardo(hom.8.sup.missus est ) De manu Faemine pendet & nostre, & omnium salus.

Estratta da relazione del Vescovo à dì 15.Maggio 1711.

Bibliografia